Fusione nucleare | E’ fatta?
Da alcuni giorni leggiamo sui giornali e ascoltiamo ai telegiornali di una notizia definita storica riguardante la produzione di energia Nella fattispecie da fusione nucleare.
Ne parlano tutti e probabilmente non è un caso.
Ma in che cosa consiste questa scoperta?
In che tempi potremmo avere una nuova forma di energia pulita?
Infine: Perché questo tipo di tecnologia può avere un grande significato dal punto di vista della sostenibilità?
Fusione nucleare: quale novità dagli USA? Un successo oppure no?
I protagonisti del racconto di oggi sono 4: Uranio, Metano, Deuterio e Trizio.
Ai primi due (Uranio e Metano) dobbiamo la gran parte dell’energia che oggi utilizziamo per fare qualunque cosa nella nostra vita, da quando accendiamo la luce al mattino a quando ci mettiamo davanti al computer, carichiamo il cellulare, accendiamo la lavatrice, la lavastoviglie, ecc.
L’uranio è infatti la materia prima utilizzata dalle centrali nucleari e il metano invece dalle centrali termoelettriche.
Gli ultimi due (deuterio e trizio) potrebbero essere i protagonisti invece nella produzione di energia del futuro.
Ma cosa sono deuterio e trizio?!?
Sono “parenti” dell’idrogeno. Si chiamano “isotopi”. Sono atomi che hanno lo stesso numero di protoni nel nucleo rispetto all’idrogeno, ma diverso numero di neutroni.
La produzione di energia per via “nucleare” può avvenire in due modi: per fissione o fusione nucleare.
- la fissione (dal verbo fendere, dividere) avviene per scissione di atomi, ossia secondo un processo che comporta la rottura quindi la divisione di determinate tipologie di atomi (tipicamente Uranio 235); ho avuto modo di parlarne ampiamente in due video dedicati.
- la fusione nucleare avviene invece attraverso un meccanismo che comporta l’unione di atomi diversi (deuterio e trizio) a formare un atomo di elio; questo processo avviene con rilascio di energia. Cioè se ci riesce a far unire deuterio e trizio si ottiene energia.
Mentre la prima delle due modalità, la prima tecnologia è ampiamente diffusa e utilizzata da tutte le centrali nucleari attualmente in funzione nel mondo, la seconda è solamente sperimentale. Non esistono cioè centrali nucleari a fusione funzionanti se non piccoli prototipi o unità sperimentali alla scala del “laboratorio”.
Il progetto ITER
C’è però un progetto in fase di sviluppo che in realtà è ormai un impianto in costruzione al quale stanno partecipando molti paesi, denominato ITER.
Iter in latino significa “viaggio”, “cammino” e questo nome la dice lunga sul senso di questo progetto che è comunque è ancora un progetto sperimentale verso la tecnologia di produzione di energia a fusione. Usa un reattore denominato “tokamak” che in russo signigica camera toroidale magnetica.
In parole povere una camera toroidale è una camera a forma di toro che è una figura geometrica che origina dalla rotazione di una circonferenza Intorno ad un asse. poi in realtà il tokamak non ha una sezione esattamente a circonferenza, ha una forma leggermente diversa. Magnetica perché c’è un campo magnetico, poi lo vediamo.
Lì dentro all’interno di questa camera toroidale magnetica viene confinato il plasma. Il plasma che cos’è: una sorta di “fiume” di particelle strappate ai relativi atomi (“il quarto stato della materia”: non è né solido, né liquido né gas).
Il reattore iter è in fase di sviluppo a Marsiglia in Francia e (attenzione!) stanno partecipando ben 35 paesi e migliaia di ingegneri e scienziati.
Le difficoltà
Ma perché non abbiamo già centrali a fusione funzionanti?!?
Beh, basta considerare un aspetto: la fusione nucleare è la reazione che avviene nel sole e in altre stelle, con una produzione di una quantità enorme di energia. Anche nelle condizioni controllate di un reattore, le temperature da raggiungere sono dell’ordine dei 100 milioni di gradi, circa 6 – 7 volte la temperatura del sole.
Serve quindi una quantità enorme di energia. Questo perché la fusione deve avvenire tra nuclei che hanno la medesima carica (contengono protoni e neutroni) e spontaneamente si respingono (forza di Coulomb): per farsi una (vaga) idea si pensi a due magneti e alla difficoltà di riuscire a mettere in contatto i due poli positivi (due poli dello stesso segno).
Quindi come si fa a fare in modo che si uniscano? Occorre spingerli ad avvicinarsi tra loro fino al punto da far sì che la cosiddetta interazione nucleare forte tra gli elementi che costituiscono il nucleo, quindi protoni e neutroni, prevalga sulla forza colombiana che gli spingerebbe ad allontanarsi: questo può accadere solo a distanze brevissime.
Quindi occorre in qualche modo spingerli, lanciarli, forzarli ad avvicinarsi. E chiaramente questo comporta il consumo di una grande quantità di energia.
Non solo: per confinare il plasma servono campi magnetici enormemente elevati, per produrre i quali servono superconduttori mantenuti a bassissime temperature (qualcosa tipo -180°C), a brevissima distanza (pochi metri) dal plasma a milioni di gradi.
Il plasma (“quarto stato della materia”) è infine un “oggetto” delicato: diventa facilmente instabile e tutto il processo si arresta.
La sfida
La sfida di questi decenni di studi sulla fusione nucleare è proprio quella di superare le difficoltà tecniche e tecnologiche enormi e tra queste, in particolare quella di produrre più energia di quella consumata: non è così banale ma è altrettanto imprescindibile, perché possa avere senso.
Fino a pochi giorni fa il record di potenza prodotta era corrispondente ad un Q =0,67 (il tokamak europeo Jet, nel Regno Unito).
Che cos’è il Q: è semplicemente un rapporto di potenze quella fornita e quella ottenuta. Però attenzione sul concetto di energia fornita si possono essere diverse interpretazioni questo fa enormemente la differenza e lo vedremo dopo.
Il risultato statunitense
Quello che è accaduto negli USA al National Ignition Facility (una installazione di ricerca sul nucleare del laboratorio Lawrence Livermore) riguarda un impianto differente da ITER e dalla tecnologia “tokamak”.
Si tratta di un sistema differente, dotato di cannoni laser: 192 cannoni laser ad alta potenza che sparano su un bersaglio minuscolo, dalle dimensioni paragonabili ad un pellet (diametro 10 mm), per intenderci, con all’interno il bersaglio vero e proprio, grande come un granello di pepe. Il tutto per indurre la fusione.
Bene, il successo annunciato lo scorso 13 dicembre riguarda la quantità di energia prodotta. Lasciando stare i numeri in dettaglio, circa il 50% in più (energia prodotta – energia fornita al bersaglio).
E’ fatta?
Assolutamente no. La strada verso la fusione nucleare è ancora lunga.
L’esperimento ha dimostrato la produzione di un 50% in più dell’energia utilizzata dai laser e indirizzata sul bersaglio.
Ma attenzione: l’energia fornita al bersaglio non è tutta l’energia utilizzata per raggiungere l’obiettivo, complessivamente purtroppo ne viene utilizzata ancora molta di più. Centinaia di volte in più! Circa 300 MJoules.
Quindi la strada è molto lunga, sono piccoli ma importanti passi verso l’obiettivo.
La distanza dalla produzione commerciale (cioè di energia che tutti possiamo utilizzare) pare sia dell’ordine di 20/30 anni.
Quello del NIF un sistema molto diverso da Iter, è completamente da sviluppare in termini di estrazione ed utilizzo dell’energia prodotta. Il progetto iter da questo punto di vista sebbene non sia ancora operativo è forse più completo.
Molti sono gli scogli e le difficoltà da superare, ma ogni step positivo nella direzione dell’obiettivo ci impone ottimismo: yes, we can.
Fusione nucleare: è davvero pulita?
Attenzione: nella fusione non è che le radiazioni siano completamente escluse:
- si parla spesso della fusione come di un processo che utilizza risorse facilmente reperibili ovunque; questo vale per il deuterio probabilmente, che si ricava acqua, ma la fusione impiega anche trizio, un isotopo radioattivo che richiede peraltro attenzione nella sua manipolazione, che in natura è molto raro, si può ricavare dal litio e quindi non mi risulta essere così facilmente reperibile;
- produce neutroni che possono indurre radioattività in altri materiali, compresi quelli che costituiscono il reattore stesso. Ci sarà quindi un problema di contenimento.
Ma sono situazioni che vengono considerate gestibili e controllabili, anche se questa è una delle sfide da superare a dovere.
Fusione nucleare: perché così importante?
Fusione nucleare: perché così importante?
Perché è “pulita”.
La fusione nucleare non comporta la produzione di scorie radioattive.
La fusione nucleare non comporta l’impiego di combustibili fossili o l’emissione di CO2.
La fusione inoltre non comporta il rischio di incidenti catastrofici: l’energia in gioco non può aumentare spontaneamente come accade nelle reazioni a fissione: il processo può essere interrotto togliendo l’energia che lo alimenta.
Quindi che cosa dire in conclusione?
Beh, avanti tutta coraggio a questi ricercatori che meritano tutta la nostra stima e gratitudine per il lavoro importante che stanno facendo!
La fusione però rimane un obiettivo ancora distante: ci separano ancora decenni.
Nel frattempo quello che possiamo e dobbiamo fare è spingere al massimo lo sviluppo delle energie rinnovabili e dei sistemi di stoccaggio di cui spesso ho parlato su questo canale continuando chiaramente la ricerca e lo sviluppo anche in questi ambiti di estrema rilevanza in termini di sostenibilità.
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