Clima e cambiamento climatico
La verità sul clima | Finalmente svelata
“Il clima è sempre cambiato.”
Il clima è veramente vicino ad un punto di non ritorno?
Oppure non è così e per qualche ragione qualcuno vuole semplicemente intimorirci?
Il riscaldamento climatico è davvero correlato alle attività umane o più semplicemente il clima è sempre cambiato?
Ne sentiamo di tutti i colori: qual è la verità?!?
Dove possiamo trovare risposte convincenti?
Beh, prima di tutto dobbiamo tenere presente una cosa: su una materia così complessa non si può infatti pensare che le risposte possano essere facili.
Su un tema che riguarda l’intero pianeta, fenomeni meteo-climatici estremamente complessi, l’andamento nel tempo presente e passato tornando indietro di migliaia di anni, servono enormi quantità di dati e modelli estremamente complessi di analisi e di valutazione.
E’ evidente che non tutti hanno a disposizione informazioni di questo genere e che non è nemmeno lontanamente pensabile affidare la risposta al primo “stregone” di turno che basa le sue conclusioni su quello che ha letto sui social network o al primo sito internet che ci capita per le mani.
A chi credere allora?
Qual è la verità sul clima e il cambiamento climatico?!?
Che cos’è IPCC e che cosa ha a che fare con il clima?!?
Scoprilo in questo video!
A chi credere allora?!?
La fonte ufficiale più autorevole al mondo in fatto di cambiamento climatico ha un nome,
EBBENE SI: ha un curriculum e una struttura: si chiama IPCC.
L’IPCC
L’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici.
L’IPPC è stato fondato dalla OMM (Organizzazione Meteorologica Mondiale) nel contesto dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) ed è un organo aperto a tutti i paesi delle Nazioni Unite e attualmente ne fanno parte 195 paesi.
Non è di parte, di una parte o dell’altra parte. L’IPCC non è un organo politico ma un organo tecnico. Sa quello che dice.
Contribuiscono al lavoro dell’IPPC ricercatori (non politicanti o stregoni) provenienti da tutto il mondo.
IPCC: organizzazione
Allo stato attuale l’IPCC è diviso in tre gruppi di lavoro:
- il primo si occupa delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici
- il secondo degli impatti sui sistemi naturali e umani (non solo il “pianeta”!)
- il terzo delle opzioni di mitigazione.
L’IPCC basa le sue conclusioni sulle più recenti informazioni scientifiche tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo.
L’IPCC che cosa fa quindi?
Studia, fa ricerca e informa. Chi? I politici (“Synthesis for policy makers”) e tutti noi.
L’IPCC ha prodotto negli anni diversi rapporti di valutazione di cui l’ultimo è il sesto (denominato anche AR6, di cui le ultime parti sono pubblicate nella primavera 2022).
1,5 °C – La soglia da non superare
La questione del 1,5 gradi IPCC aveva già emesso un rapporto dedicato nel 2018.
Sulla base dei dati disponibili, se il trend rimanesse costante intorno al 2040 si raggiungerebbe un incremento di circa 1,5 °C.
Attenzione: se il trend rimanesse costante quindi senza incrementi di velocità, cosa che è tutt’altro che scontata.
Ma rispetto alla soglia di 1,5 °C oggi a che punto siamo?
Si potrebbe pensare…mah saremo a 0,2, 0,3…
Siamo a circa 1,1 °C!!!
“Abbiamo altri problemi” [cit.]
Sono note le affermazioni provenienti da oltreoceano di pochi giorni fa, di chi facendo ironia sostiene che rispetto al cambiamento climatico che “abbiamo altri problemi”, che al massimo ci troviamo qualche mm di acqua in più e quindi qualche casa al mare in più.
Il tema del cambiamento climatico deve essere affrontato in modo scientifico; non è filosofia. Non può essere una questione di questa o quella parte politica.
Attenzione a pensare che abbiamo “altri” problemi: di problemi ne abbiamo tanti, ma il futuro del pianeta, dell’ambiente ma anche e soprattutto dei sistemi economici e delle società, quindi di tutti noi (!!!) è strettamente legato al futuro del clima.
E’ sempre più sotto gli occhi di tutti (eventi meteorici, siccità, alluvioni, scioglimento dei ghiacci, ecc.) ed i veri problemi non saranno soltanto legati al dispiacere di non poter più vedere un ghiacciaio sulle Alpi; saranno ben altri: si pensi solo alle conseguenze della siccità sul sistema economico (ne è solo un piccolissimo esempio il cuneo salino che sta producendo danni enormi alla foce del Po); ma si pensi alla eventuale alla necessità di trasferire intere popolazioni perché determinati ambienti diventano non più vivibili.
A che punto siamo: la velocità
Per prima cosa è bene che sia chiaro un aspetto una volta per tutte, come riporta il rapporto del primo gruppo di lavoro dell’IPCC:
Si legge chiaramente nel rapporto che:
Non ci sono più dubbi.
Si, il clima è sempre cambiato. MA MAI COSI’. MAI COSI’ rapidamente.
Ricordo nei primi anni 90 quando studiavo meteorologia e climatologia all’università: dubbi in più ce n’erano e forse erano più giustificati.
Sono passati 30 anni: ora non più. Non ci sono più dubbi.
E’ inequivocabile.
L’accelerazione in corso
Quello che sostanzialmente rende inequivocabile il collegamento tra attività umane e riscaldamento globale è la rapidità con cui si sta verificando, la derivata seconda della curva direbbero i matematici.
Se in termini assoluti infatti eventi di surriscaldamento del pianeta si sono già verificati nelle ere geologiche precedenti, non è mai accaduto così rapidamente. Ci sono voluti migliaia e migliaia di anni.
- Per osservare un incremento di temperatura confrontabile con quello che si è verificato dall’epoca preindustriale ad oggi, dobbiamo tornare indietro di ben 125000 anni!
- Nel 2019 la concentrazione di CO2 nell’atmosfera era la più alta registrata negli ultimi due milioni di anni!
- Analogamente le concentrazioni di metano e ossidi di azoto erano le più alte degli ultimi 800.000 anni!
Quello che impressiona di più osservando i grafici, oltre al cambiamento di trend di alcuni parametri, è la velocità di variazione, improvvisa e coincidente con l’era industriale. L’impennata verso l’alto.
“Per il pianeta non è un problema”
Peraltro a chi dice che il problema è un problema per l’uomo e non per il pianeta (e lo capisco)… io chiedo ne siamo sicuri?!?
Se per pianeta intendiamo solo la geosfera priva di vita forse, ma se il pianeta è comprensivo di sistemi viventi, beh attenzione perché non è mai andato incontro ad eventi così rapidi.
Ma poi: il surriscaldamento avviene su un sistema che ad esso reagisce: si verificano altri cambiamenti. Sarà tutto reversibile? Da vedere.
Che non sia un problema anche per il pianeta è quindi tutto da dimostrare.
Tuttavia, certamente: un problema lo è per l’uomo.
Quali impatti
La risposta arriva dal report del Gruppo 2, pubblicato nella primavera 2022.
Effetti dei cambiamenti climatici sono già ovviamente visibili.
I principali trend negativi riguardano
- lo scioglimento dei ghiacci in Artico,
- lo scioglimento dei ghiacciai, compresi quelli alpini, con la loro riduzione rapidissima di volume (vedi Marmolada)
- l’innalzamento del livello dei mari,
- la riduzione della barriera corallina,
- la perdita di biodiversità quindi di specie viventi,
- il calo della resa dei raccolti agricoli
- eventi meteorici estremi
- ondate di calore
- incendi
Ma al problema si aggiunge problema: alcuni di questi fenomeni, una volta innescati accelerano sempre di più la loro evoluzione cioè si innescano dei meccanismi che li rendono sempre più veloci.
Ma che cos’è che determina il surriscaldamento del pianeta?
Sono decenni ormai che si parla di “effetto serra”. Il surriscaldamento è infatti determinato da alcuni gas serra di cui il più importante è l’anidride carbonica o CO2.
Ma attenzione: la CO2 non è l’unico gas serra. Ce ne sono altri che possono avere anche molta rilevanza tra questi ad esempio il metano e gli ossidi di azoto, questi ultimi che si sviluppano anche dai processi di combustione.
Uno dei fenomeni di accelerazione di cui parlavo prima è proprio legato al possibile rilascio di metano determinato dall’incremento di temperatura prodotto proprio dal riscaldamento climatico, causato ad esempio dallo scioglimento del permafrost su ampie superfici.
Si capisce quindi come l’effetto diventi una sorta di reazione a catena in grado di innescare una serie di meccanismi che tendono ad accelerare sempre di più il fenomeno.
Possiamo tornare indietro?
Una domanda che ci si potrebbe porre è la seguente: abbiamo la possibilità di tornare indietro di fare un grande “reset” come se nulla fosse mai accaduto?
Ebbene purtroppo no. La situazione è ormai già irreversibile.
O quantomeno non possiamo farlo noi: non lo può fare la nostra generazione né le generazioni immediatamente prossime. Le conseguenze del riscaldamento climatico prodotto dall’epoca preindustriale ad oggi infatti, avranno effetti nei prossimi centinaia se non migliaia di anni.
E questo ci dà un’idea dell’urgenza di intervenire.
Solo 0,5 °C possono salvare il mondo
Sulla base dei dati raccolti da IPCC solo mezzo grado, quindi limitare l’innalzamento a 1,5 gradi piuttosto che 2 °C, può fare enormemente la differenza.
Sulla base delle evidenze raccolte da IPCC Contenere il riscaldamento a 1,5 gradi centigradi vorrebbe dire:
- contenere enormemente i rischi legati a temperature estreme quindi un ondate di calore;
- ridurre l’intensità delle precipitazioni o al contrario degli eventi di siccità;
- contenere l’innalzamento del livello dei mari;
- ridurre la perdita di biodiversità quindi la scomparsa di specie viventi;
- ridurre l’aumento della temperatura degli oceani con i rischi conseguenti legati ad esempio alla acidificazione alla riduzione della quantità di ossigeno e alle conseguenti perdite di specie viventi;
- contenere i rischi di povertà soprattutto per le popolazioni più vulnerabili;
- contenere i rischi legati alla salute perché spesso i fenomeni climatici sono correlati alla diffusione di malattie (di cui abbiamo avuto un assaggio abbastanza saporito);
- ridurre i rischi legati alla sicurezza alimentare, migliorare la resa agricola e l’allevamento di animali.
“Solo” 0,5 °C? Non proprio: non sono comunque poca cosa
Non sono poca cosa perchè siamo su un treno lanciato in corsa.
Secondo gli autori del sesto rapporto del IPPC È ancora possibile limitare il riscaldamento climatico a 1,5 gradi.
Certo questo richiede impegno.
Richiede una volontà chiara.
Richiede scelte politiche conseguenti.
Stiamo infatti parlando di diversi miliardi di tonnellate di CO2 in meno emesse all’anno.
Quanta CO2 possiamo ancora emettere per evitare il riscaldamento oltre 1,5 °C? Dal 2020 in avanti 500 Gt. Allo stato attuale ogni anno il mondo emette circa (dato 2019) 59 GtCO2-eq +- 6,6.
Che cosa possiamo fare quindi?
Questa è la domanda alla quale tenta di rispondere il gruppo 3 dell’IPPC, quello che si occupa di mitigazione.
L’unica cosa che possiamo fare è evitare di peggiorare le cose ulteriormente.
Tentare di frenare questa macchina che si è messa a correre, tentare di raffreddare questo sistema, questore rettore di cui stiamo sempre di più perdendo il controllo.
Sì perché il rischio è proprio questo: che pur essendo stati noi ad innescare questo meccanismo si arrivi ad un punto in cui non riusciamo più a controllarlo.
Le good news
dal rapporto del gruppo III (mitigations).
- l’azione per il clima si vede: ci sono città e regioni che hanno adottato l’obiettivo emissioni zero (Net Zero)
- l’incremento nell’ultimo decennio è stato inferiore all’incremento del decennio precedente
- la distribuzione geografica delle emissioni è molto cambiata: alcune aree geografiche contribuiscono percentualmente meno (l’Europa oggi la metà sul totale rispetto al 1990). Ma sul totale delle emissioni è in testa insieme agli USA [GRAFICO p.14]
- i costi delle tecnologie a basse emissioni sono fortemente diminuiti (es. rinnovabili)
- la potenza installata di rinnovabili è cresciuta in modo esponenziale
- gli interventi normativi dei vari paesi sono molto aumentati, come gli investimenti
Però
- gli sforzi annunciati dai vari paesi allo stato attuale non risultano sufficienti all’obiettivo 1,5: servono sforzi molto maggiori: dobbiamo limitare il picco al 2025 (mancano 3 anni!) e ridurre del 43% entro il 2030! Net zero: 2050
- anche le emissioni di metano devono essere ridotte di un terzo!
Quindi che cosa occorre fare?!?
- servono rapide e profonde riduzioni: i modelli di calcolo che consentono di prevedere rispettato il criterio 1,5 comportano rapide, profonde e spesso IMMEDIATE misure.
Quali speranze?
Tutto dipende dalla quantità di carbonio che immettiamo in atmosfera. Di gas serra.
Noi stiamo emettendo ancora troppi gas serra e secondo lo studio dell’IPCC, anche gli accordi di Parigi del 2015 non sono più sufficienti.
Serve un impegno maggiore più consistente soprattutto da parte dei paesi che rappresentano i maggiori emettitori di gas serra quali Cina Stati Uniti e India.
Anche per questo c’erano grandi aspettative rispetto alla COP26 la conferenza sul clima di Glasgow del 2021, che purtroppo per molti versi è tuttavia stata deludente; ma comunque ha rappresentato un passo avanti.
Serve molto di più, serve un impegno reale da parte di tutti i paesi.
Quello che preoccupa è che il tempo è sempre meno.
Di conferenze ce ne saranno altre la prossima e la COP27 che si terrà in Egitto nell’autunno 2022, ma è importante anche quel che accade tra una COP e l’altra. Quello che fanno o non fanno i diversi attori (stati).
Per questo è importante che tutti noi ne acquisiamo consapevolezza e attraverso le nostre scelte quotidiane orientiamo anche i decisori, i cosiddetti policy-makers, i nostri politici, sempre di più nella direzione della lotta al cambiamento climatico.
Dobbiamo chiedere più azione per il clima. Dobbiamo pretenderlo.
Per noi e per i nostri figli.
Per saperne di più:
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