Ghiacciai | La montagna colpita al cuore
Negli ultimi anni da più parti arrivano informazioni sempre più allarmanti a proposito dei nostri ghiacciai Alpini e più in generale delle riserve di ghiaccio presenti sul pianeta.
- Ma che cosa c’è di vero?
- È puro allarmismo o sono informazioni credibili?
- Che cosa dicono i dati scientifici raccolti in particolare negli ultimi decenni?
- Che cosa dice la scienza in proposito?
- Quali le evidenze?
Ma se dovessero davvero scomparire quali potrebbero essere le conseguenze?
Osserva questa immagine.
Siamo in Val D’Aosta, sul Plateau Rosa, a 3500 m di quota.
Io, un lontano 26 luglio di circa 30 anni fa, qui ho sciato su una distesa di neve bianca candida e pulita.
Si osservi la differenza di volume di neve, la condizione del ghiaccio, il colore.
La sofferenza del ghiacciaio è lampante.
Ghiacciai alpini: non li vedremo più?
Le evidenze
Uno studio pubblicato nel 2014 e condotto dall’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del CNR, ha analizzato l’evoluzione dei ghiacciai nelle Alpi italiane nord-occidentali a partire da quella che viene denominata la “Piccola Era Glaciale” (dal 1850 circa) agli 2010 circa.
La “piccola era glaciale” è un periodo compreso tra il 1450 il 1850 nel quale si è registrato un sensibile abbassamento della temperatura media terrestre.
Questo trend è stato bruscamente interrotto e ha modificato radicalmente suo comportamento proprio nel ventesimo secolo quando ha preso il sopravvento improvvisamente una fase di riscaldamento sempre più importante.
Lo studio ha evidenziato come il ritiro dei ghiacciai sia stato sostanzialmente continuo dal 1850 ad oggi e addirittura molti ghiacciai sono ora estinti e non li conosceremo più e come a partire dagli anni ’80 del secolo scorso il tasso di riduzione abbia subito addirittura una accelerazione.
Una delle istituzioni più importanti nello studio dei ghiacciai non solo italiani o europei bensì addirittura a livello globale è il Word Glaciers Monitoring Service, istituito presso l’Università di Zurigo che sui ghiacciai in Svizzera ha iniziato la sua attività per poi estenderla a livello globale.
Nell’ultimo bollettino disponibile sul sito web relativo agli anni 2018-2019, compare un grafico che descrive l’andamento del bilancio di massa dei ghiacciai di 19 regioni nel mondo.
Ebbene, oltre al trend in costante e sempre più intensa diminuzione, si osserva nell’ultimo periodo una decisa accelerazione in particolare a partire dall’anno 2000 fino ad oggi.
Criosfera e ghiacciai
La criosfera è la porzione di superficie terrestre coperta o anche parzialmente intrisa di acqua allo stato solido e comprende non soltanto i ghiacciai ma anche le calotte polari e il suolo più o meno costantemente ghiacciato denominato permafrost.
La criosfera ha un ruolo estremamente importante sul clima globale, grazie alla sua elevata incidenza sulla riflessione della radiazione solare, ma anche sull’umidità, quindi sulla formazione di nubi, sulle precipitazioni e non ultimo sulla circolazione atmosferica, quindi sulle correnti.
Inevitabilmente gioca e quindi anche un ruolo estremamente importante rispetto al cambiamento climatico.
Ghiacciai e cambiamento climatico
L’entità della fusione dei ghiacciai alpini in corso da alcuni decenni non ha eguali negli ultimi 10.000 anni.
Il clima è sempre cambiato? Certo, il clima è sempre cambiato, lo sappiamo.
Ma come ho evidenziato in un video dedicato che ti invito a rivedere non è mai cambiato come negli ultimi anni.
E grazie al lavoro di moltissimi scienziati nonché all’attività di studio dell’ente più autorevole in materia (IPCC), non ci sono più dubbi sull’origine antropogenica dei trend in atto (ossia sul fatto che la causa siano le attività umane).
Allo stesso modo non ci sono più dubbi sulla correlazione tra cambiamento climatico e scioglimento dei ghiacci, alpini e artici
La spiegazione
Gli ambienti montani di alta quota (al di sopra dei 2500 m) hanno dimostrato di reagire in modo particolarmente rapido ai cambiamenti climatici, con segnali evidenti. I cambiamenti visibili anche nelle pianure, sulle montagne sono amplificati in montagna. Diminuiscono sempre più gli apporti nevosi e lo scioglimento è sempre più precoce (inizia prima).
Ho già avuto modo di approfondire, con video precedenti, quali siano le evidenze scientifiche attuali in termini di cambiamento climatico.
Si chiama albedo (dal latino albus, bianco) la porzione di luce solare riflessa rispetto a quella incidente su una determinata superficie. Maggiore la componente riflessa, minore quella assorbita.
Per vari motivi i ghiacciai in fase di scioglimento “virano” verso colori scuri (polvere, frammenti di roccia, aumento delle pozze di acqua o delle superfici bagnate, ecc. che emergono). Più il ghiacciaio diventa scuro, minore l’albedo e maggiore la componente assorbita, più quindi accelera lo scioglimento. Nuovamente, come in molti casi nei fenomeni legati al cambiamento climatico, si verifica una accelerazione del fenomeno di scioglimento.
Alcune evidenze raccolte sulle nostre Alpi
Abbiamo già visto che cosa sta accadendo sul Plateau Rosa.
Negli ultimi anni ho avuto modo di toccare con mano anche la situazione di altri ghiacciai Alpini in situazioni diverse: tra queste il ghiacciaio Pasterze sul Grossglockner in Austria, il ghiacciaio della Vallelunga a nord della Val Venosta, e i ghiacciai della Val Martello.
100 anni sono un discreto tempo di vita per un uomo.
Beh sono invece un tempo brevissimo in termini geologici, sono un istante. Nel caso del ghiacciaio della Vallelunga è impressionante quanti chilometri e chilometri il ghiacciaio abbia percorso arretrando in soli 100 anni circa.
La lingua glaciale del ghiacciaio Pasterze sul Grossglockner in 100 anni è calata di quota di circa 150 metri circa.
In particolare su uno dei ghiacciai della Val Martello quello che colpisce immediatamente sono le morene laterali della lingua glaciale (i depositi di materiale) visibilmente giovani, visibilmente abbandonate da poco tempo, ancora integre, prive di qualunque forma di vegetazione, senza modifiche sostanziali da parte degli agenti meteorici o del vento: sono ancora lì a testimoniare da quanto poco tempo la lingua glaciale le abbia abbandonate.
Quello che resta dei ghiacciai è coperto di frammenti, coperto di polvere e di colore scuro e come abbiamo visto questo ne accelera enormemente lo scioglimento.
Il ghiacciaio della Marmolada
Come evidenziato dal Comitato Glaciologico Italiano, il ghiacciaio della Marmolada “è il più grande ghiacciaio delle Dolomiti ed è un fondamentale termometro dei cambiamenti climatici per la sua rapida risposta anche alle piccole variazioni di precipitazioni e temperatura.”
Nel corso dell’ultimo secolo il ghiacciaio si è ridotto di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume e, ad oggi, esso è grande circa un decimo rispetto a cento anni fa.
Un decimo.
Il ritiro ha mostrato una progressiva accelerazione.
La velocità di ritiro media è stata di:
- 0,5 m/a 1902-1906
- 5 m/a 1925-1938
- 8,4 m/a 1951-1966
- 10,3 m/a 1971-2015
Il crollo del 3 luglio 2022 ha interessato un lembo residuale del ghiacciaio centrale che occupa una piccola nicchia a ridosso della cresta sommitale sotto Punta Rocca formando un “ghiacciaio sospeso”.
Se saranno confermati gli attuali andamenti [i modelli sono costantemente aggiornati] anche nei prossimi anni, è molto probabile che il ghiacciaio della Marmolada scompaia prima del 2040.”
Il ghiacciaio del Careser
Situazione analoga è quella del ghiacciaio del Careser, situato in Val di Pejo uno dei più studiati in Italia. Secondo Luca Carturan, Ricercatore dell’università di Padova e membro del Comitato Glaciologico Italiano, intervistato da Il Sole 24 ore, “in 86 anni ha perso l’86% della sua estensione.
La velocità con cui sta avvenendo è aumentata negli ultimi decenni. Tra il 1933 e il 1959 il ghiacciaio perdeva in media lo 0.5% della superficie all’’anno. Dopo un periodo stazionario, dal 1980 ha iniziato a cedere il 2% all’anno, mentre nel periodo successivo al 2012 il tasso di perdita ha raggiunto l’8% annuo”.
Secondo alcune stime è destinato a scomparire intorno al 2060.
Il ghiacciaio dei Forni
Il ghiacciaio dei Forni non è molto distante dal Careser, Fa sempre parte del gruppo Ortles Cevedale anche se è in regione Lombardia, in alta Valtellina. Ebbene nell’ultimo anno è arretrato di ben 40 m che diventano 400 m negli ultimi 10 anni.
Il ghiacciaio del Mandrone
Anche il ghiacciaio del Mandrone, che fa parte del più ampio ghiacciaio dell’Adamello, interessato da un crollo importante nel 2020, è soggetto sempre più frequentemente a fatturazioni superficiali, formazione di cavità e ad una riduzione ma sempre più veloce della massa e addirittura ad una perdita di superficie estremamente importante, stimata in centinaia di metri nell’arco di pochi anni.
Il ghiacciaio Pasterze sul Großglockner (Austria)
Sulla base di informazioni raccolte dal Club Alpino Austriaco nel 2021, il ghiacciaio più grande dell’Austria, il Pasterze sul Großglockner, ha perso 52,5 metri di lunghezza in circa un anno. Rispetto all’anno precedente, l’intera lingua del ghiacciaio del Pasterze è affondata in media di 6,1 metri, un po ‘più che nel periodo di misurazione 2018/2019.
Il ghiacciaio dell’Aletsch – Il più esteso delle Alpi
Acciaio dell’Aletsch, situato nei Cantoni Berna e Vallese in Svizzera, è il ghiacciaio più esteso delle Alpi e il più lungo d’Europa.
Sebbene abbia le spalle larghe non si sta affatto godendo questa fase di cambiamento climatico: Pare che se dovesse continuare il trend di riduzione attuale quindi senza peggioramenti che peraltro purtroppo sono probabili, a fine secolo si troverebbe ad avere un volume ridotto al solo 10% di quello attuale. Se si considera che la sua estensione attuale è di 120 km quadrati, si può comprendere quale sia l’entità della variazione in gioco.
Il ghiacciaio Fellaria
L’ultimo esempio che ti voglio portare è quello del ghiacciaio Fellaria sul versante italiano del massiccio del Bernina. Lo faccio attraverso un bellissimo timelapse realizzato dal servizio glaciologico Lombardo. Non aggiungo altre parole perché credo renda abbastanza l’idea di quello che sta accadendo ai nostri ghiacciai.
Quali le conseguenze della scomparsa di un ghiacciaio?
Quali conseguenze dirette o indirette?
Quali le conseguenze sui sistemi ecologici correlati?
Quasi sempre, leggendo notizie riguardanti lo scioglimento dei ghiacci siano essi di montagna o appartenenti alle calotte glaciali, sembra che l’unica conseguenza possa sostanzialmente essere riconducibile all’innalzamento del livello dei mari. Come se l’unica conseguenza potesse essere quella più banale immediata fisica e percepibile: si scioglie l’acqua il livello del mare si alza.
Ma siamo sicuri che sia così? Siamo cioè sicuri che la relativamente improvvisa scomparsa di masse di ghiaccio che costituiscono anche immensi serbatoi di acqua che chiaramente hanno un’enorme incidenza sul clima delle aree che li ospitano, che chiaramente hanno un’enorme incidenza sui sistemi ecologici che stanno a valle considerato il fatto che rilasciano continuamente acqua, siamo sicuri è l’unica conseguenza possibile, l’unica conseguenza rilevante sia l’innalzamento del livello dei mari?
Chiunque di noi sia stato in montagna sulle Alpi ai piedi di un ghiacciaio si rende immediatamente conto di come spesso la gran parte dell’acqua che alimenta i corsi d’acqua che scorrono nelle valli immediatamente a ridosso di ghiacciai stessi sia proprio acqua di scioglimento dei ghiacci. Lo si comprende molto bene risalendo sempre di più fino all’origine e potendo apprezzare soprattutto in questo periodo come i volumi di acqua che viene da lì siano estremamente elevati.
Ma che cosa succederebbe se improvvisamente quei corsi d’acqua si riducessero a dei rigagnoli insignificanti o addirittura scomparissero? Niente più acqua nei corsi d’acqua niente più acqua nei laghetti che da essi sono alimentati, niente più acqua nei laghi artificiali Quindi nemmeno più acqua per produrre quella pur poca percentuale di energia idroelettrica eccetera eccetera.
Ma tutti questi “oggetti” quindi i laghi, i torrenti, i ruscelli sono dei sistemi ecologici cioè sono sistemi vivi. Sono sistemi costituiti da una fitta rete di relazioni vitali, come una grande simbiosi tra organismi viventi ed elementi che fanno parte della geosfera, di cui l’acqua è uno.
E’ quindi evidente, è facile da capire come la diretta conseguenza della scomparsa di un ghiacciaio sarebbe anche con ogni probabilità la genesi di pesanti disequilibri che potrebbero compromettere pesantemente quegli ecosistemi e tutto quanto ruoti intorno ad essi.
Basta pensare alla storia del lago d’Aral, uno dei principali disastri ecologici che la storia ricordi. Era il quarto lago più grande al mondo e la scomparsa di acqua (deviata dall’allora regime sovietico per irrigare), unitamente all’uso scellerato di pesticidi ha prodotto una totale deflagrazione di tutti i sistemi ecologici correlati e conseguenze pesantissime anche a livello sociale e sanitario. È’ rimasta solo sabbia inquinata.
Non è certo una novità che tutti gli organismi viventi abbiano sempre e costantemente bisogno di acqua, da quelli che nell’acqua ci vivono a quelli che nell’acqua si nutrono, a quelli che comunque l’acqua la devono bere per sopravvivere.
Ma l’improvvisa carenza di acqua inevitabilmente può avere conseguenze anche a livello microclimatico in quegli ambienti ed innescare altre reazioni a catena che come circoli viziosi fanno a peggiorare ulteriormente le cose.
In tutta questa grande partita del cambiamento climatico rischiamo di non avere valutato adeguatamente l’entità delle reazioni a catena che come in una reazione nucleare si susseguono una dopo l’altra creando le condizioni per accelerare sempre di più la progressione negativa.
Un ghiacciaio è un enorme massa di ghiaccio collocata in cima ai monti: non è difficile capire come possa influenzare sensibilmente il microclima di alta montagna.
Ma non solo quello di alta montagna: sono noti ad esempio infatti i cosiddetti regimi di brezza di monte e di valle, venti che risalgono dalla valle verso il monte o che scendono viceversa dalle parti più alte dei monti fino a valle. Le correnti fredde che scendono dai monti possono essere strettamente legate alle masse di ghiaccio. È quindi pensabile che la scomparsa di un oggetto di questo tipo possa non avere conseguenze sulla montagna in termini meteoclimatici?
Ma queste variazioni, che evidentemente ci saranno a livello meteo-climatico, quali conseguenze avranno a loro volta sui sistemi ecologici cioè su quei grandi insiemi costituiti dalle componenti cosiddette abiotiche (le masse rocciose, i suoli, l’ambiente fisico in genere) e sulle componenti biotiche, costituite da organismi vegetali, organismi animali?
Sono tutte componenti che sono strettamente correlate tra di loro e spesso condizioni di equilibri estremamente delicati.
Una parte enorme dell’acqua che attraversa le montagne viene dai ghiacciai.
Un ghiacciaio è come fosse un grande cuore, che attraverso i corsi d’acqua, come fossero delle arterie, alimenta tutti questi sistemi ecologici; ebbene, ora è come se andasse incontro ad un grande infarto per cui il cuore si ferma. Possiamo immaginare che questo non produca alcun effetto?
Oggi stiamo parlando solo ed esclusivamente dell’effetto di scioglimento ma non stiamo pensando alle conseguenze su dei sistemi ecologici che sono vivi che sono gli ambienti di montagna.
Già oggi, solo per fare un esempio, sono estremamente visibili i danni prodotti dal bostrico che è una larva che si è diffusa enormemente a causa della tempesta Vaia. Se ti è capitato di frequentare recentemente le valli di Fiemme, Fassa o in particolare la zona di Paneveggio in Trentino, avrai osservato delle enormi radure prodotte dalla tempesta che ha raso al suolo distese enormi di abeti.
Ebbene insieme a queste radure si stanno sviluppando sempre di più delle zone di bosco marroncine, costituite da abeti che si seccano a causa di questa larva. Ancora, nuovamente effetti di accelerazione per cui un evento negativo ne produce altri, che a loro volta giocano a sfavore dell’ambiente di montagna.
Che cosa fare?
38 istituzioni di ricerca da tutto il mondo riunite nel World Glacier Monitoring Service hanno inviato al Segretario esecutivo della COP25 Patricia Espinosa (Convetion sul Cambiamento climatico – quindi già da tempo – la prossima sarà la COP27 in Egitto) una lettera (pubblicata su Nature il 2 dicembre 2019) in cui viene ribadita con forza la necessità di rafforzare la cooperazione nel monitoraggio dei ghiacciai.
Ma soprattutto serve agire contro il cambiamento climatico.
Come ho già avuto modo di spiegare un nuovo video dedicato, che ti invito a rivedere, non c’è più tempo.
Non c’è più tempo.
Serve agire e serve farlo subito.
I ghiacciai di montagna stanno prendendo aiuto da troppo tempo e noi continuiamo ad essere sordi.
O meglio: continuiamo ad essere STUPIDAMENTE sordi.
Perché le conseguenze le pagheremo anche noi.
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