Cattura di CO2 | Carbon capture
Cattura di CO2 | Che cosa bolle in pentola? Progetti in fase di sviluppo
Si era già parlato in un articolo dedicato di un’auto rivoluzionaria denominata Zem: Zero emission Mobility.
Un’auto, anche se per la verità si tratta di un prototipo, caratterizzata non soltanto da emissioni Zero di carbonio ma anche dalla capacità di assorbire CO2 dall’atmosfera. un’auto pensata per essere sostenibile in tutto il suo ciclo di vita dalla costruzione allo smaltimento.
Avevo però promesso di approfondire il tema della cattura di carbonio in modo più generale, ed eccomi qui.
La cattura del carbonio
In cosa consiste
Per prima cosa è importante chiarire un aspetto: si parla Infatti spesso di carbonio poi di CO2 Ma qual’è la differenza? parlare di cattura di carbonio e cattura di CO2 è la stessa cosa?
Ebbene sì: la CO2 è biossido di carbonio o anidride carbonica: una molecola cioè costituita da due atomi di ossigeno e uno di carbonio. Quando si parla di cattura di carbonio dall’atmosfera si intende cattura di CO2. Per alcuni sarà banale, per altri meno.
In che cosa consiste la cattura della CO2?
Il nome corretto è CCS dall’inglese Carbon Capture and Storage, cattura e sequestro del carbonio, oppure CCU, Carbon Capture and Use (riutilizzo).
Il carbonio deve essere prima catturato cioè intercettato al fine di evitare che finisca nell’atmosfera oppure estratto dell’atmosfera stessa.
Quindi in un secondo tempo deve essere sequestrato cioè deve essere sostanzialmente reso impossibile un suo ritorno in atmosfera.
La cattura non è sempre semplicissima e talvolta passa attraverso l’impiego di una grande quantità di risorse e anche di sostanze chimiche.
Tecniche e tecnologie differenti
Le strategie di cattura e stoccaggio o eventualmente utilizzo della CO2 possono essere classificate e differenziate in base a numerosi aspetti.
Da dove estraggo la CO2
La cattura può venire direttamente dall’atmosfera (Direct Air Capture, DAC), tramite filtrazione o processi di scrubbing dell’aria con appositi solventi.
Ma attenzione non è necessariamente così, anzi la gran parte dei progetti in fase di sviluppo è differente.
La cattura può infatti avvenire direttamente alla sorgente a livello industriale (nei processi di combustione che la producono) andando a catturare la CO2 prodotta dalla combustione attraverso processi di post-combustione (che usano solventi, sostanze chimiche per catturarla), ossicombustione (con ossigeno puro) oppure attraverso processi in cui la CO2 viene trasformata in gas prima della combustione (gassificazione).
Tecnologia o natura
Un’altra importante distinzione è il tipo di tecnologia utilizzata.
Esistono infatti strategie di cattura del carbonio a base diciamo così “biologica” e strategie invece di tipo tecnologico (impianti industriali).
La cattura può avvenire utilizzando tecniche colturali che prevedono l’impiego di essenze vegetali in grado di estrarre carbonio dall’atmosfera oppure eventualmente anche del suolo.
Oppure la cattura può essere di tipo impiantistico come quella che viene direttamente alla sorgente.
Fissa o mobile
Inoltre, i progetti principali attualmente allo studio di cattura e sequestro della CO2 fanno riferimento a 2 tipi principali di idee:
- cattura per così dire “fissa”, “stabile”, in impianti fissi: sono i progetti più importanti e diffusi;
- cattura diffusa (mobile): auto e treni in grado di catturare CO2.
Diverso destino della CO2
Un’altra suddivisione importante dei progetti di cattura del carbonio è legata al diverso destino della CO2 o del carbonio in essa contenuto:
- gas: CO2 appunto, che può essere immagazzinata nel sottosuolo o riutilizzata;
- solido: prevalentemente carbonati, composti chimici (sali) in cui il carbonio rimane allo stato solido.
Altra distinzione (già accennata) è CCS (cattura e stoccaggio) o CCU (cattura e utilizzo).
Il ruolo delle piante
Ma attenzione: la cattura della CO2 non necessariamente richiede impianti particolarmente complessi e sofisticati.
Esiste un modo molto semplice di catturare e sequestrare carbonio: un modo si potrebbe dire “vecchio come il mondo”:
piantare alberi.
Allo stato attuale pare che le piante terrestri assorbano circa il 30% delle emissioni di carbonio.
Una delle tecniche più semplici è infatti il rimboschimento: gli alberi possono essere considerati veri e propri serbatoi di carbonio.
Come mai?
La fotosintesi trasforma in zuccheri il carbonio presente nella CO2: 6CO2 [anidride carbonica] + 6H2O [acqua] + energia solare → C6H12O6 [glucosio, zucchero] + 6O2 [ossigeno].
Il carbonio, dall’atmosfera, viene quindi a far parte della struttura stessa della pianta.
Ci sono in questo senso altri interessanti progetti in corso di cui parlerò successivamente.
I progetti in corso
Non è solo teoria: in molti casi questi sistemi trovano già applicazioni funzionanti o progetti in fase di sviluppo. Vediamo questa mappa.
Come si osserva sono davvero numerosi i progetti a livello globale, ma anche in particolare negli USA e in Europa: come si può vedere andando a zoommare ci sono diversi progetti in particolare tra il Regno Unito e il nord Europa, ma anche in Italia.
E’ un progetto dell’ENI di stoccaggio, al di sotto del mare Adriatico, di 2 mln di metri cubi di CO2.
Cattura
La cattura alla fonte quindi da impianti di combustione (non dall’aria), è in fase di sviluppo da più tempo e ha il vantaggio di avere un mercato ampio e molti interessi in gioco.
Diverso è il discorso per la cattura diretta dell’atmosfera. Gli interessi sono chiaramente diversi e in più c’è una difficoltà: l’anidride carbonica in atmosfera, sebbene stia crescendo in modo estremamente pericoloso, è presente in quantità minima a differenza di un impianto di combustione che la emette in grande quantità e questo chiaramente complica le cose.
Un progetto svizzero
Climeworks è un interessante progetto svizzero di cattura della CO2 direttamente dall’atmosfera.
L’aria viene aspirata e condotta ad un filtro collocato in un apposito collettore che trattiene le particelle di anidride carbonica. Quando il filtro è completamente saturo di CO₂, il collettore viene chiuso, la temperatura è portata a circa 100°C il filtro rilascia la CO₂ che viene quindi raccolta per essere poi stoccata nel sottosuolo.
Un progetto canadese
Nell’idea della canadese Carbon Engineering l’anidride carbonica è prima concentrata per poi essere estratta da un processo chimico che la trasferisce e la sequestra all’interno di piccole sfere di carbonato di calcio solido. Il carbonato di calcio poi è sottoposto ad un processo di riscaldamento che produce nuovamente anidride carbonica, la quale viene utilizzata in combinazione con l’idrogeno per produrre un carburante ad alta efficienza.
Chiaro che bruciare questo carburante reimmette carbonio in atmosfera.
Il vantaggio è però rappresentato dal fatto che in sostanza si utilizza il carbonio già presente in atmosfera, quindi senza consumare nuove materie prime fossili è in condizioni di bilancio di carbonio nullo (Net zero, non aggiungiamo nuovo carbonio).
Stoccaggio
Vediamo alcuni progetti di sequestro o stoccaggio.
Un progetto danese
Neptune Energy è un progetto su larga scala di trasporto e stoccaggio del carbonio nel Mare del Nord olandese, con il potenziale per immagazzinare in sicurezza 120-150 milioni di tonnellate di CO2 (tra i 5 e gli 8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno) in giacimenti di gas esauriti.
Un progetto svedese
CO2 Capsol è una società che sta sviluppando una tecnologia di cattura del carbonio da impianti di combustione basato su un processo chimico che utilizza un solvente denominato Hot Potassium Carbonate (HPC), carbonato di potassio caldo, già peraltro molto utilizzato nei processi industriali per l’estrazione della CO2. L’anidride carbonica è catturata in fase di pre-combustione e attraverso un processo di desorbimento, la CO2 viene poi estratta dall’HPC per essere liquefatta e destinata a riutilizzo o stoccaggio.
Un progetto norvegese
Northern Lights è un progetto partecipato dal governo norvegese, dalle aziende Total, Shell, Equinor, a cui ha aderito anche Microsoft, di trasporto e stoccaggio della CO2 proveniente da siti di cattura, in un serbatoio collocato 2600 metri al di sotto del fondale marino del Mare del Nord. Costituisce la parte finale (trasporto e stoccaggio) di un più ampio progetto denominato Longship che comprende anche la cattura della CO2 da impianti industriali norvegesi.
Un progetto islandese
l processo proposto dalla islandese Carbfix cattura e rimuove in modo permanente la CO2. La tecnologia fornisce una soluzione completa per la cattura e l’iniezione di carbonio, in cui la CO2 disciolta in acqua (che in qualche modo diventa “frizzante”!) viene iniettata nel sottosuolo dove reagisce con determinate formazioni rocciose per formare minerali carbonatici solidi attraverso processi naturali in circa 2 anni.
Cattura e stoccaggio “bio”: un progetto americano
Ma come ho già detto la cattura del carbonio può essere anche “bio”.
Living Carbon è una società benefit statunitense che lavora ad un progetto di cattura e stoccaggio di CO2 completamente diverso dagli altri: utilizza infatti le piante.
Non si tratta di normali essenze: lavora infatti allo sviluppo di piante geneticamente modificate, in cui in particolare è stato modificato un enzima coinvolto nella cattura di anidride carbonica nell’ambito del processo di fotosintesi (denominato rubisco), in grado quindi di catturare una grande quantità di carbonio. Circa il 50% in più di normali piante.
Lavora anche ad essenze vegetali in grado di assorbire una grande quantità di metalli pesanti dalle radici, che sono quindi utilizzabili nella bonifica di terreni contaminati.
Per ridurre i rischi legati alla diffusione di organismi geneticamente modificati, le piante modificate geneticamente non sono in grado di riprodursi e non producono polline.
Il progetto Zem
Zem è un progetto di un team di studenti della Eindhoven University of Technology, nei Paesi Bassi che lavora alla mobilità sostenibile, trasferendo le più recenti e importanti innovazioni tecnologiche in queste auto.
Zem è un’auto in grado di catturare CO2 dall’atmosfera ma è anche un progetto che mette al centro la prevenzione dell’emissione di CO2 in tutte le fasi del ciclo di vita dell’auto dalla costruzione, all’utilizzo, alla dismissione.
Perchè catturare carbonio?
Ma perché catturare il carbonio dall’atmosfera?
Come sai, il 20 novembre scorso si è chiusa la COP27, ossia la ventisettesima conferenza delle parti sul clima. Non so se sei informato sull’esito ma se ne conosci i dettagli per certi versi viene da pensare: “Non ce la faremo mai!” (DEPRESSIONE).
Ma non voglio e non posso essere pessimista: per certi versi la COP27 è stata positiva, anzi è stata addirittura una sorpresa in particolare in merito al fondo cosiddetto “Loss and damage”, ideato per il risarcimento in particolare dei paesi più poveri, vulnerabili e peraltro meno colpevoli per i danni provocati dal cambiamento climatico, di cui quantomeno è stata decisa l’istituzione.
Però purtroppo in termini di lotta al cambiamento climatico ed in particolare alla riduzione delle emissioni di carbonio è stato nuovamente un fallimento. Allora oggettivamente viene da pensare che la politica abbia davvero grosse difficoltà ad affrontare un cambiamento epocale come quello che è però ormai assolutamente necessario.
Ma in realtà, aprendo un attimo lo sguardo, si scopre che ci può essere una luce in fondo al tunnel e questa luce è la scienza, la tecnologia, che davvero potrebbe fare quello che la politica non riesce a fare.
Però attenzione! Non dobbiamo confonderci le idee: ridurre le emissioni è imprescindibile ed irrinunciabile; è una necessità urgente. L’ho mostrato in dettaglio, con i dati scientifici più autorevoli alla mano, che se non hai visto ti consiglio di vedere. L’opzione di cattura del carbonio non deve diventare un alibi per continuare ad emettere CO2 a volontà.
Per la verità l’Europa si è data obiettivi importanti e dimostra di essere il continente forse più responsabile da questo punto di vista, anche se di fatto non dovrebbero essere considerati una iniziativa di particolare eccellenza bensì una necessità:
- nel 2030, l’Europa dovrebbe aver ridotto le proprie emissioni di CO2 del 55% rispetto al 1990.
- nel 2050, l’Europa dovrebbe essere il primo continente neutrale dal punto di vista climatico.
Allora ragazzi un punto è assolutamente chiaro: c’è da farsi su le maniche. Non basta più l’impegno, la volontà, gli obiettivi, servono piani concreti e serve iniziare a lavorare su questi progetti per arrivare all’obiettivo.
Ma a giudicare dai trend in essere, dai dati storici, nonché dalle indicazioni provenienti dall’IPCC (l’ente più autorevole in materia), il mio modesto parere è che probabilmente la prevenzione non sia più sufficiente.
È necessario lavorare alla cura.
Mentre i capi di stato e chi detiene il potere politico si ritrova a Sharm El-Sheikh oggi, a Dubai il prossimo anno (COP29)e speriamo non alle Maldive la volta successiva, nonostante sforzi importanti, per carità non voglio dire che non ci siano (e mi rendo conto delle difficoltà)…nonostante tutto questo se qualcuno non inizia a prendere sul serio i problemi e a lavorarci concretamente con azioni e progetti reali sono guai.
Dubbi e problemi
Sottosuolo: una eterna pattumiera
Cattura e stoccaggio: vediamo quali possono essere i dubbi e i problemi.
Sono tutti entusiasti dei sistemi di cattura del carbonio con conseguente stoccaggio della CO2 nel sottosuolo. Io invece lo sono un po’ meno e mi chiedo: “ma siamo sicuri e sbattere tutto nel sottosuolo sia la soluzione migliore”?
Da sempre l’uomo ha questa pessima abitudine: quando ha un problema lo sbatte nel sottosuolo. Lo abbiamo visto negli anni del grande sviluppo industriale del dopoguerra quando l’attenzione all’ambiente non esisteva e qualunque cosa finiva nel sottosuolo, con le discariche con i depositi di scorie radioattive e ora si ipotizza di fare la stessa cosa con la CO2.
Siamo sicuri che sia una buona idea? La butto lì.
Problemi ambientali
In termini ambientali alcune perplessità riguardano il bilancio energetico dei processi di CCS: in particolare l’energia consumata per trasportare e iniettare la CO2 nel sottosuolo rispetto a quella ricavata dai combustibili che la generano.
I processi e le tecnologie in gioco chiaramente consumano energia e quindi nuovamente a volte combustibili fossili per il loro funzionamento, altri utilizzano sostanze chimiche.
Ma i pareri sono discordanti: chiaramente i costruttori sostengono che di fatto le tecnologie siano pulite e il bilancio sia comunque a favore di una riduzione della CO2.
Rischi
Limitatamente ai grandi sistemi di stoccaggio di CO2:
- il rilascio imprevisto di grandi quantità di CO2 in seguito ad eventi geologici
- una graduale fuoriuscita in atmosfera prolungata nel tempo a causa di “perdite” dal sottosuolo.
Costi e benefici
L’aspetto dei costi è chiaramente come sempre un aspetto cruciale.
Uno dei principali problemi della cattura di CO2 è legato alle caratteristiche della molecola stessa di anidride carbonica che è molto stabile e quindi molto difficile da scindere o fare in modo che si leghi ad altre molecole.
Si pensi un attimo alle due tecnologie: CCS e CCU. La prima ha come destinazione lo stoccaggio, la seconda l’utilizzo. Ecco, una prima considerazione potrebbe essere abbastanza banale: se infatti dobbiamo cioè catturare e stoccare la CO2 il che chiaramente comporta dei costi importanti, senza che questo porti a benefici particolari, forse diventa difficile poterne garantire una sostenibilità economica.
Potrebbe invece essere diverso il meccanismo di cattura e utilizzo o cattura di stoccaggio per un successivo utilizzo. La valorizzazione della CO2 estratta è ragionevolmente fondamentale al fine di rendere il modello economicamente sostenibile.
Un esempio è la produzione di carburanti, come nell’impianto canadese di Carbon Engineering, ma ce ne sono altri quali l’impiego di anidride carbonica per rendere effervescenti le bevande, piuttosto che per produrre fertilizzanti o addirittura per la produzione di oggetti. Sempre in una logica net zero.
Molti sono quindi ancora i dubbi su questo tipo di tecnologie, ma il problema è troppo grande per poter scartare delle opportunità: non è assolutamente il momento di buttare via nulla. Certo fondamentali saranno i prossimi anni in termini di ricerca e sviluppo anche su questo tipo di soluzioni.
Meglio prevenire che curare
VEDI P. 42 (IMMAGINE)
Questo è un grafico estratto dalla parte terza dell’ultimo report IPCC denominato AR6, di cui ho già parlato in questo articolo ed in particolare della terza parte riguardante le possibili mitigazioni al problema del cambiamento climatico.
Questo grafico evidenzia molto bene un aspetto: la vera strada da seguire è la prevenzione: dobbiamo ridurre le emissioni di carbonio alla fonte. Le rinnovabili hanno il più elevato beneficio e contemporaneamente i costi più bassi.
Quindi, se sulle tecnologie di cattura e stoccaggio ci sono dubbi, sulla necessità di spingere al massimo le fonti rinnovabili non ce ne sono.
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