Energia Nucleare e sostenibilità | Parte 1: introduzione
Il nucleare può essere considerato sostenibile?
Alle ore una, 23 minuti e 58 secondi del 26 aprile 1986 la potenza reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl in una manciata di secondi cresce fino a circa 100 volte il suo valore nominale. Con le esplosioni che ne conseguono gli effetti sono devastanti.
E’ la conseguenza di importanti carenze sotto il profilo tecnico e tecnologico ma anche e soprattutto di un test sciagurato effettuato in violazione di manuali e procedure operative.
Quello di Chernobyl è stato uno dei più gravi incidenti della storia per le conseguenze dirette e indirette su salute e ambiente per le aree interessate e il perdurare nel tempo degli effetti che sono riscontrabili ancora oggi.
Molte cose però da allora sono cambiate.
E l’energia nucleare rimane la fonte più rilevante nel mondo intero.
Ma è giusto oggi avere paura della produzione di energia nucleare?
E’ ragionevole pensare di investire in questa forma di energia?
Infine: la possiamo considerare una fonte sostenibile?
Scoprilo in questo video!
Ritorno al nucleare?
Ormai da mesi siamo tornati a parlare di una ipotesi di ritorno all’energia nucleare in Italia.
C’è chi si schiera contro, chi a favore.
Per formare un parere è però a mio giudizio necessario acquisire informazioni, approfondire, ascoltare i diversi pareri e formare il proprio.
In questo caso non è semplicissimo, ma siccome ho voluto farlo e mi ha portato via parecchio tempo, ho cercato di mettere a disposizione di tutti i risultati.
Questa è la prima di due parti dedicate al nucleare.
Sono una raccolta di informazioni. Lo scopo è raccontare pro e contro in ottica di sostenibilità. Ho raccolto informazioni da fonti autorevoli, pro o contro il nucleare e ho sempre cercato di verificarle.
Molti dei contenuti saranno “flash”: la materia è estremamente complessa.
Cercherò però di portare dei numeri, dei dati, il più possibile oggettivi e verificabili.
Non vuole essere “di parte”. Semplicemente raccogliere elementi utili per una valutazione, da parte di tutti, in modo semplice.
Mi metto avanti rispetto ad eventuali commenti, siccome so che il tema sul web negli ultimi mesi è molto “caldo”: chiedo solo garbo, rispetto ed educazione. Qualunque osservazione è benvenuta purché risponda a questi tre banalissimi requisiti.
Come funziona una centrale nucleare?
Per potersi fare un’idea è necessario prima di tutto capire (in linea di massima, considerata la complessità dell’argomento) come funziona una centrale nucleare.
Produzione di energia
Una centrale nucleare fondamentalmente “brucia” uranio (uranio 235 per la precisione), che quindi si chiama “combustibile”; ma la reazione non è una combustione “classica”, è una reazione di fissione, che andremo poi ad approfondire.
Fissione o fusione?
Oggi le centrali sono unicamente a fissione, la fusione (un meccanismo diverso di cui si sente sempre più parlare) è ancora sperimentale anche se pare ci siano alcuni primi prototipi in arrivo. Il problema è sempre il controllo e il confinamento dell’energia prodotta (non poca nel caso della fissione, enormemente grande nel caso della fusione), per cui ad oggi (salvo prototipi citati) le centrali in funzione sono unicamente a fissione. Il controllo dell’energia prodotta è uno degli aspetti cruciali, anche nelle normali centrali a fissione, aspetto delicato e che a seguito di numerosi errori e negligenze, ha portato ad esempio all’incidente di Chernobyl.
Il combustibile?
Il combustibile è Uranio. In natura l’uranio è una miscela di due isotopi, Uranio 238 e Uranio 235. Per la verità c’è anche l’Uranio 234 ma meno rilevante. Solo l’Uranio 235 è fissile (utilizzabile per la fissione) ma è presente in quantità molto bassa. Per questo si sono sviluppate tecnologie finalizzate all’”arricchimento” dell’uranio, finalizzate ad aumentare la quantità di Uranio 235.
I maggiori produttori di uranio sono Kazakistan, Canada e Australia che insieme dovrebbero contribuire qualcosa tipo il 65% della produzione globale.
Che cos’è la fissione nucleare?
Le centrali nucleari usano uranio in forma di barre.
Nel processo di fissione le barre di uranio usate come “combustibile” sono irradiate (“bombardate” da neutroni) e questo “bombardamento” determina la rottura (“fissione”, dal verbo fendere) del nucleo di uranio in frammenti più piccoli (altri isotopi quali kripton, bario, cesio); questo però avviene con emissione di altri neutroni che a loro volta fanno lo stesso con altri atomi di uranio 235, aumentando in modo esponenziale i nuclei coinvolti e producendo una “reazione a catena” che libera onde elettromagnetiche (radioattività) e una grande quantità di energia termica.
La reazione deve essere solo innescata (con una piccola sorgente di neutroni), poi è in grado di autosostenersi.
La massa critica
Esiste una soglia legata alle caratteristiche fisiche del materiale fissile (“combustibile”) che si definisce massa critica oltre la quale la reazione si autosostiene, producendo quindi un bilancio positivo di energia: ne ho messa un po’ ma ne ottengo molta di più. La massa critica è descritta sostanzialmente dal numero di neutroni presenti in una generazione e il numero di neutroni presenti nella generazione precedente.
È una situazione tuttavia delicata e che richiede un costante controllo, onde evitare che la reazione diventi così importante ed esotermica da non riuscire più a controllare l’energia prodotta. In queste condizioni il reattore si dice “supercritico” ed è la condizione che si ricerca nel caso degli ordigni atomici.
Come si controlla la reazione?
La reazione o meglio la fissione si controlla attraverso l’opportuno dimensionamento e posizionamento delle barre di combustibile, ma anche attraverso le barre di controllo o barre di moderazione, barre di altri materiali (non di uranio) che catturano parte dei neutroni prodotti, limitando l’effetto catena della reazione e infine attraverso l’uso di acqua che anch’essa agisce come moderatore.
L’inadeguata gestione e il mancato posizionamento delle barre di controllo negli istanti immediatamente precedenti è uno degli elementi chiave nell’incidente di Chernobyl, le cui cause sono comunque complesse e frutto di numerosi errori e inadempienze nonché delle caratteristiche tecniche di una centrale ritenuta obsoleta.
I reattori nucleari
Seconda, terza, quarta. Quale generazione potremmo installare?
Attualmente la terza generazione. La quarta è rappresentata unicamente da prototipi.
Attenzione! Il reattore non è da confondere con le torri evaporative di condensazione (molto più grandi).
er farla breve (non c’è tempo) le centrali di prima generazione erano costruite negli anni 40 e 50 ed erano sostanzialmente prototipi. Negli anni ‘60 arriva la seconda generazione, che è ancora la più diffusa tra quelli operativi oggi.
Gli incidenti di Three Miles Island e Chernobyl hanno tuttavia innescato lo sviluppo di nuove centrali, di terza generazione e poi di terza generazione “evoluta” quali gli EPR (ad acqua pressurizzata, che in pressione rimane liquida anche ad alte temperature), dotati di sistemi di sicurezza più efficienti ed evolut.
Proprio questi potrebbero essere i reattori papabili per l’installazione in Italia.
La quarta generazione è ancora in via di sviluppo e test (ci sono impianti funzionanti) e comprende diverse ipotesi di sviluppo e famiglie di possibili nuovi reattori.
Come si produce energia elettrica?
Come si produce energia elettrica? Tramite una turbina a vapore. Il vapore è prodotto dal surriscaldamento di acqua che si realizza grazie all’energia sviluppata dalla reazione nucleare. Quindi sostanzialmente la centrale nucleare è una centrale termoelettrica, infatti talvolta è denominata termonucleare.
Quanto è sicura una centrale?
Il termine “centrale nucleare” spesso in Italia porta immediatamente alla mente Chernobyl. Ecco, per prima cosa è bene chiarire subito un aspetto: nulla a che vedere.
Nell’eventualità siano realizzati impianti nucleari in Italia, non avrebbero nulla a che vedere con quella tecnologia estremamente obsoleta; senza considerare che l’incidente è stato determinato da una somma importante di errori e inadempienze.
Altro aspetto da sfatare è la possibile esplosione nucleare di una centrale.
No, non può avvenire, basta pensare a Fukushima, in cui è peraltro si è verificata anche la fusione del nocciolo (o nucleo) o meltdown su più reattori, situazione particolarmente scomoda che si verifica quando la reazione non è più controllabile e la temperatura del nucleo supera quella di fusione del materiale che lo costituisce.
Il nucleo si scioglie. Ovvio che si tratta di una situazione particolarmente grave, per i problemi tecnici e le conseguenze che può comportare (ivi comprese eventuali esplosioni ma in loco) motivo per cui i sistemi moderni sono costituiti da diversi sistemi di sicurezza ridondanti (ossia aggiuntivi uno all’altro) e passivi (che non richiedono l’intervento umano) orientati ad evitare problemi come questi.
Che cosa sono le “radiazioni”? Quale pericolo?
Le radiazioni sono onde elettromagnetiche a particolari lunghezze d’onda.
Sono onde elettromagnetiche: anche la luce visibile, le microonde, le onde a radiofrequenza utilizzate dalla telefonia, ma hanno caratteristiche diverse.
Le radiazioni legate alle centrali sono dette “ionizzanti” cioè hanno la capacità di “rompere” i legami intramolecolari. Queste rotture possono interessare anche il materiale genetico ed avere quindi effetto cancerogeno, mutageno o teratogeno. Si chiamano radiazioni alfa, beta e gamma, le prime due più facilmente schermabili le ultime molto più problematiche (richiedono elevati spessori e materiali particolari).
Da che cosa sono prodotte le radiazioni? Nel caso di una centrale nucleare principalmente da “isotopi radioattivi”, materiali cioè che per natura sono “instabili”, decadono ed emettono energia in questa forma.
Quali le conseguenze possibili di un eventuale incidente?
Bh, fare previsioni di questo tipo è sempre difficile. Però possiamo far tesoro degli eventi passati.
Se da un lato l’incidente di Chernobyl ha causato danni enormi alla salute delle persone e all’ambiente inteso come ambiente fisico ed ecosistemi, quello di Fukushima pare non abbia determinato danni significativi alla salute mentre sui danni per l’ambiente esistono alcune controversie. Da tenere presente che i danni ambientali in determinate condizioni possono naturalmente tradursi in danni indiretti per la salute, ad esempio in relazione alla catena alimentare e specie quando si ha a che fare con fattori di contaminazione che non hanno soglie certe di sicurezza al 100% ma solo soglie statistiche, come quelli cancerogeni.
Un eventuale incidente ad una centrale nucleare può determinare il rilascio di materiale radioattivo, nell’aria, nell’acqua, nel suolo. Può essere veicolato anche da esplosioni, ad esempio legate allo sviluppo di idrogeno (prodotto nell’incidente) e al suo contatto con l’ossigeno atmosferico: l’esplosione (di per sé non necessariamente pericolosa per l’ambiente esterno alla centrale) potrebbe determinare danni alle strutture e fuoriuscita all’esterno di gas o liquidi radioattivi.
Come si evitano queste possibili conseguenze?
Sono presenti diversi sistemi di sicurezza attivi (controllati elettricamente e dall’uomo) ma anche passivi (soprattutto nei reattori più recenti), che ne determinano il contenimento (addirittura in alcuni casi anche dell’eventuale nocciolo fuso), la resistenza all’impatto anche di aeromobili, la sicurezza sismica (resistenza ad accelerazioni molto elevate).
Una centrale nucleare moderna è quindi sicura.
Però.
E’ altrettanto scientificamente onesto dire che il rischio non è mai nullo.
Chiunque lavora sul rischio, compreso il rischio industriale sa che tutti gli algoritmi confluiscono nella formula R=PxD
E’ tutta questione di probabilità, ridotta al minimo possibile, e di danno, contenuto al massimo. Ma mai nulli.
Per capirci è un po’ come lavorare in quota a 20 da terra. In tutti i casi il danno, la conseguenza possibile è la morte. Ma puoi lavorare senza protezioni oppure con imbragatura, linea vita, parapetti. Il che non azzera ma riduce di molto o anche moltissimo la probabilità di farsi male.
Dove sono attualmente le centrali nucleari?
Un po’ ovunque intorno a noi.
Si vede abbastanza bene da questa mappa.
Centrali nucleari in Italia
Tempo fa sono circolate alcune ipotesi di localizzazione tutte da verificare: Monfalcone (Friuli Venezia Giulia), Chioggia (Venezia), Caorso (Emilia Romagna), una zona prossima al Po tra Mantova e Cremona (si è parlato di San Benedetto Po e Viadana), Fossano e Trino (Piemonte), Scarlino (Toscana), San Benedetto del Tronto (Marche), Montalto di Castro e Latina (Lazio), Termoli (Molise), Mola di Bari (Puglia) o sito tra Nardò e Manduria, Scanzano Ionico (Basilicata), Oristano (Sardegna), Palma (Sicilia).
Sono tutte da verificare anche perché le cose oggi sono molto cambiate. Già nel 2010 Bruno Coppi, scienziato e fisico italiano docente al MIT di Boston, originario del mio paese, Gonzaga (provincia di Mantova), intervistato dalla Gazzetta di Mantova disse “Il nucleare? Un male necessario, ma in Italia meglio il mare del Po, perché il fiume non garantirà livelli sufficienti d’acqua”.
Direi che fu profetico: credo che gli eventi di siccità di questi mesi gli stiano dando assolutamente ragione. Servono risorse d’acqua sicure. E, come vedremo, decisamente abbondanti.
Le scorie radioattive
Un tema rilevante è quello delle scorie, i rifiuti della produzione di energia nucleare.
Che cosa sono le scorie?
Le scorie sono rifiuti.
Sono classificate in 3 categorie: bassa, media o alta attività (radioattiva) – In inglese basso medio o alto alto “livello” LLW, MLW, HLW. Le barre di uranio esausto sono chiaramente ad alta attività.
Il combustibile nucleare (barre di uranio) ad un certo punto diventa “esausto”. Nel tempo “si consuma” e deve essere sostituito. Il rifiuto così prodotto (barre di uranio consumate, ma anche in piccola parte plutonio) è costituito da “isotopi radioattivi” o radionuclidi, ossia sostanze instabili che spontaneamente “decadono” (si trasformano spontaneamente) emettendo energia in forma di radiazioni. L’uranio 238 ad esempio decade e si trasforma in torio che decade e si trasforma in piombo, che invece è stabile.
Se questo avvenisse nel giro di qualche ora no problem. Il problema è che questo processo in generale richiede molto tempo.
Le scorie sono un problema?
Elementi positivi: il volume, la quantità. La quantità di “scorie” (=rifiuti ad alta attività) prodotte da un reattore da 1 GW in un anno è pari a 25 – 30 tonnellate. Ipotizzando 25 reattori da 1 GW su 60 milioni di abitanti (una decina di centrali) significa circa 400 grammi a testa di rifiuti all’anno.
Spesso sono riportati confronti con centrali a carbone che io non riporto perché non mi sembra un parallelismo ragionevole (5-6% di produzione di energia elettrica), se mai si dovrebbe fare con le centrali a gas (per quantità di energia prodotta), che tuttavia non producono rifiuti, la combustione del metano produce CO2 e acqua. Ovviamente produce CO2 quindi carbonio.
Elementi negativi: in merito ai quantitativi, sono ridotti ma si tratta pur sempre 750 tonnellate all’anno di rifiuti estremamente pericolosi e di non facile gestione: servono depositi, da individuare in luoghi molto profondi, geologicamente stabili, non facili da individuare. Tra i sostenitori del nucleare c’è chi rileva che anche i rifiuti tossici per via chimica (non radioattivi) subiscono un destino analogo, con la differenza che la pericolosità non si riduce nel tempo.
Le quantità sono ridotte ma non per questo la strada è in discesa: nel 2019 l’Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi francese (ANDRA), sui rifiuti radioattivi ha lanciato l’allarme (depositi pieni) – chiaro che la Francia è un caso molto particolare, considerata l’elevato numero di centrali presenti.
Ma in Italia non abbiamo ancora individuato un deposito, necessario peraltro anche per i rifiuti prodotti non da centrali nucleari.
E se vogliamo fare centrali nucleari, sarà la prima cosa da fare!
Inoltre: i tempi. Prima o poi quindi non saranno più pericolosi, peccato che i tempi siano estremamente lunghi, in alcuni casi centinaia di migliaia quando non milioni di anni. È evidente che parlare di radioattività che nel tempo cala, considerati i tempi effettivi di decadimento e la vita media dell’uomo, è abbastanza fuori posto.
In tutti i modi c’è anche un’altra domanda che secondo me è giusto porsi: questo tipo di destinazione (migliaia di anni in un deposito sotterraneo = “leggasi discarica”) è da ritenersi “sostenibile”? Lascio a voi la risposta.
Altro punto a sfavore il trasporto, la sua complessità in relazione alle cautele richieste.
Tra i rifiuti prodotti vi è anche il plutonio, potenzialmente destinabile alla realizzazione di armi nucleari.
La risposta alla domanda iniziale è quindi si, le scorie sono un problema, questo è un fatto, basta pensare al modo in cui devono essere stoccate, anche se non necessariamente significa che non esistono soluzioni.
Se vuoi saperne di più sul deposito nazionale dai un’occhiata a questo link, ma tieni conto che prevede lo stoccaggio di scorie a bassa e media radioattività, quindi non da centrali nucleari, che richiedono cautele decisamente superiori.
Un deposito adeguato è invece quello Finlandese, in cui i rifiuti saranno stoccati a quasi 500 m di profondità; se vuoi avere un’idea delle complessità di pianificazione e gestione puoi dare un’occhiata a questo link.
Bene, qui termina la prima parte.
Se sei interessato o anche semplicemente curioso di seguire la seconda parte di approfondimento vai direttamente al video, oppure al secondo articolo a questo link.
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